
Michael Wachtler
Ed. DoloMythos - San Candido
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Euro 34,90
Michael Wachtler, i gemelli Mario e Lino Pallaoro, Federico Morelli, Maurizio Petti e Georg Kandutsch riuscirono sul Monte Rosa nella più grande scoperta d’oro delle Alpi. Furono recuperati circa 30 kg d’oro. Il punto di partenza fu una mappa dimenticata di uno scienziato svizzero. Egli raccontava di un ritrovamento di 40 kg d’oro puro nel 1908 e di un altro nello stesso luogo di 28 kg.
L’estrazione dell’oro nelle valli della Valle d’Aosta deve essere molto antica. In un luogo all’ingresso della valle, chiamato Bessa, gli antichi romani portarono alla luce l’incredibile quantità di 200.000 chilogrammi d’oro. Il famoso naturalista romano Plinio lo calcolò. Allora, secondo regolamento, cinquemila schiavi potevano lavorare per i padroni romani.
Subito dopo, il professore svizzero di mineralogia Carl Schmidt incaricò il giovane studente olandese Thomas Reinhold di una dissertazione sui „Filoni di pirite aurifera di Brusson in Piemonte“. Reinhold lo fece con meticolosità e concluse l’opera l’8 marzo 1916. Scrisse: „Gli arricchimenti auriferi qui descritti possono essere molto considerevoli … Così, circa al centro della miniera… si trovarono 40 kg d’oro. Un vicino nido di minerale di 244 kg conteneva 28 kg d’oro.“ E come se non bastasse, lo studente disegnò su una mappa, come fosse una mappa del tesoro, i principali ritrovamenti d’oro del passato.
„Tacere o parlare“ era la questione che più ci assillava. Perché: „L’oro non appartiene mai a chi lo trova“. Decidemmo di raccontare. Esponemmo i ritrovamenti ai Mineralientage di Monaco e migliaia di persone si stupirono che una cosa simile fosse possibile ai nostri giorni. Il nostro istinto di possesso non era particolarmente sviluppato. Perché mai: solo per seppellire l’oro nel nostro giardino, avremmo potuto lasciarlo in miniera. La polizia e la procura si interessarono. L’oro fu misurato, pesato e stimato. Si dice che in totale fossero 30 kg. Ognuno prese la propria parte. I musei della Valle d’Aosta, del Piemonte e di Milano. Qualcosa rimase sempre con noi: la storia! A parte tutto: lo facemmo davvero per il denaro? O per l’avventura e per la consapevolezza di essere uomini liberi.
Dove si trovano gli ultimi angoli bianchi di questa Terra? Dove si possono ancora scoprire tesori nascosti? Nella giungla amazzonica, nel triangolo tra Venezuela, Brasile e Guyana, si ergono altipiani inospitali e scoscesi. Lì compaiono cristalli d’oro grandi un centimetro insieme a diamanti. La regione è così selvaggia che nessuna delle grandi compagnie minerarie è riuscita a stabilirvisi. Questo è il regno dei “garimpeiros”, come viene chiamata la moltitudine di cercatori d’oro illegali del Sud America. La loro cattiva fama li precede ovunque.
Vita da cercatore d’oro nella giungla
Il primo cercatore che incontrammo nei pressi di un villaggio dal nome eloquente El Dorado era un vecchio emigrato svizzero, Bruno Reichlin. “I banditi mi hanno sparato cinque colpi nello stomaco. Sono sopravvissuto come per miracolo,” raccontò come fosse la cosa più normale del mondo. Proseguimmo verso sud, vicino a Santa Elena de Uairén. Lì incontrammo un altro minero, che da solo setacciava un meandro del fiume. “Vivo da anni con cinque proiettili nello stomaco,” disse, quando gli chiesi delle cicatrici. “È usanza vivere così qui?” chiesi a Trompo Rojo. “No,” mi rassicurò, “basta essere prudenti e imprevedibili. Mai dire quando arrivi, mai quando parti, e soprattutto non bere con i cercatori dopo aver comprato da loro.” Raccontò come, a volte, fosse stato costretto a sparare lui stesso.
Con una vecchia e traballante Cessna sorvolammo la giungla e atterrammo infine su un campo sconnesso, tanto che temetti che l’aereo potesse capovolgersi. Il villaggio si chiamava Parkupi. Da lì proseguimmo per ore con una barca di legno dotata di un motore da 200 cavalli, ancora più in profondità nella foresta. Il “Jungle Buyer” ci raccontò di sé, di come si diventa commercianti di oro e diamanti. Con noi viaggiava anche il suo socio Arnoldo, portando con sé una pesante borsa piena di migliaia di euro. Entrambi portavano pistole alla cintura, come se le mani fossero fuse con l’impugnatura.
Ovunque ci venivano offerti oro e diamanti. Imparai quante forme e colori potessero assumere. Mi sorprese la rapidità con cui l’oro legato al mercurio veniva “purificato” con il fuoco, mentre nessuno sembrava preoccuparsi dei fumi tossici. Né delle acque stagnanti infestate dalla malaria.
“Amo i diamanti molto più dell’oro!” mi riportò bruscamente Alejandro alla realtà. “Ognuno è una sorpresa.” Si vedeva la difficoltà con cui li valutava: ogni sfumatura di colore significava un prezzo diverso, da 120 euro a un milione al carato. Rimasi sorpreso dai tanti tedeschi che qui, lontano dal mondo, cercavano fortuna. Molti erano fuggiti da prigioni, altri dalla vita stressante in Europa.
In uno dei pochi villaggi più grandi, Los Caribes, incontrammo Hans Heiduck con la sua Susanne. Aveva costruito la sua “Villa Tranquila” presso una cascata romantica. Alcuni Rockefeller lo avevano già visitato, disse con orgoglio. Ora lo aiutavano altri due tedeschi, Alfred e Klaus. Speravano nel grande colpo: chili d’oro o diamanti da dieci carati in una sola settimana. Ma anche senza, la vita scorreva lenta e felice. Capì subito che la ricchezza raramente si trova dove si estrae l’oro. Eppure mai altrove avevo incontrato sogni e speranze più grandi.
Visitammo un garimpeiro dopo l’altro. Percorrevamo strade così dissestate che mi stupivo come il nostro autista Kendall riuscisse ad andare avanti. A volte controllava con il machete la solidità dei tronchi che fungevano da ponte, altre scavava per liberare il fuoristrada dal fango. Poi le barche che sobbalzavano selvaggiamente ci scuotevano le ossa. Dopo giorni tornammo infine a Santa Elena, al confine con il Brasile, dove incontrammo un altro tedesco: Frank Stöber. Si meravigliava del nostro coraggio di essere penetrati così a fondo nell’oscurità dorata. Lo ammirammo: dopo il carcere della DDR per tentata fuga, era riuscito a reinventarsi come cercatore d’oro. Aveva già pubblicato un libro di “avventure erotiche nella giungla da cercatore d’oro” e stava scrivendo un altro sulle più grandi scoperte di diamanti in questo mondo dimenticato. Lo rassicurai: chi entra in questo mondo vive da vicino la fascinazione delle pietre preziose. Dove, se non qui, un uomo qualunque può, con una grande scoperta, cambiare la propria vita da un giorno all’altro?