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Michael Wachtler

Highlights | Il più grande ritrovamento d'oro delle Alpi

Oro

Oro, oro e...ancora oro
Il più grande ritrovamento d'oro delle Alpi

Fissavo incantato quel frammento d’oro che mai, prima di allora, mi era capitato di vedere; semplicemente non ci credevo. Ci eravamo imbattuti in uno dei maggiori filoni di oro delle Alpi. Dinanzi ai nostri occhi solo oro, oro e...ancora oro.

Il nostro sguardo non celava alcuna bramosia; sentivamo piuttosto di essere indescrivibilmente un tutt’uno con la natura, così imponente. Eravamo partiti con l’intento di approfondire la nostra conoscenza di queste montagne selvagge, di “parlare con loro“, di “raccontare di loro“. E la natura, come un’immensa cornucopia, non ha mancato di svelarci tutti i suoi tesori.
Ottobre 2003. Senza troppe aspettative ci siamo lanciati in un’avventura, nelle Alpi, là dove si poteva trovare l’oro. Poco tempo prima, alla domanda di un giornale sull’eventuale possibilità di trovare oro tra le nostre montagne, fui categorico nel rispondere negativamente. Sì, forse qualche briciola si poteva rinvenire ma di certo nulla di più.
Il gruppo che avevamo formato non poteva essere più eterogeneo. C’era Georg Kandutsch, il mineralogista e cercatore estremo di cristalli, quindi Mario e Lino Pallaoro, conosciuti da tutti nella nostra regione come i due “Gemelli“. Mai in vita mia mi era capitato di incontrare qualcuno che si meritasse l’appellativo di gemelli tanto quanto loro. Mario e Lino parlavano sempre in prima persona riferendosi però ad entrambi, lavoravano nella stessa azienda, se uno si fumava una sigaretta, l’altro se ne accendeva una, se uno beveva un caffé, l’altro faceva lo stesso. Di solito, verso le dieci di sera, venivano colti dalla stanchezza e bastava un cenno con il capo perché entrambi andassero a letto, malgrado i festeggiamenti fossero appena iniziati. La loro vita erano le montagne; fu quindi facile per me trovarmi in sintonia con loro. Infine si unì Federico Morelli, provetto coltivatore di fragole. Un po’ alla volta si formò tra noi un gruppo unito ed affiatato e, come avventurieri, girovagammo tra i monti, aperti a qualsiasi mistero. E così cominciammo la nostra spedizione in Val d’Aosta.
Ci ristoravamo nelle tipiche case in lastre di pietra sparse nelle valli dei dintorni di Brusson, un piccolissimo paese a ridosso della montagna già noto all’epoca dei Romani per le sue miniere. Era proprio quella la nostra meta. Gallerie chilometriche si erano fatte strada nelle rocce da ogni lato; era quasi un miracolo che non fosse crollato tutto già da tempo. Entrammo in quella meraviglia, testimonianza di grandi fatiche umane. Lo splendore del passato era svanito. Le miniere, nel corso degli ultimi decenni, furono lasciate aperte e nelle gallerie, nei pozzi e nei cunicoli trovò nuovamente dimora la potenza della natura, riconquistando ciò che era andato perduto. Ovunque si schiudevano ai nostri occhi anfratti di cristallo; migliaia di esemplari giacevano al suolo come frammenti di vetro scintillanti. Il loro valore era dato dalla rarità, ma fu il loro modo di brillare e di luccicare ad attirare la nostra attenzione.
Qui la bramosia degli uomini, la loro sete di una rapida ricchezza poté avere libero sfogo. Gli stessi gemelli mi raccontarono al riguardo alcuni episodi. Alcuni mesi prima, insieme ad altri compagni di avventura, avevano fatto un importante ritrovamento di oro. Non riuscendo a penetrare abbastanza nelle rocce per ricuperare tutti i pezzi, si erano solennemente ripromessi di proseguire i lavori insieme la settimana successiva. Al loro ritorno però un' insospettata sorpresa li accolse:l’amico/collega biellese si era già impadronito nel frattempo di tutti i campioni d’oro del ritrovamento! Questa bramosia mi affascinò e nello stesso tempo sconcertò. Era singolare osservare come gli uomini venivano sopraffatti dall’avidità. Certo era difficile riuscire a penetrare le rocce dure anche solo di un millimetro.
Cercammo un vecchio minatore, un certo Florindo Bitossi, ormai ultrasettantenne, uno degli ultimi testimoni di un’epoca passata. In anni di lavoro in queste miniere lasciate aperte aveva rinvenuto solo qualche briciola di oro, il più allettante di tutti i metalli pregiati. Insieme a lui entrammo all’interno delle gallerie, dove diversi resti testimoniavano il duro lavoro: una pala, uno scalpello rotto, un martello. Di lui si poteva solo ammirare la tenacia: giorno dopo giorno instancabilmente si inoltrava all’interno della miniera alla ricerca di oro. Anche se non trovava alcuna traccia di oro, era comunque un uomo fortunato. Incontrammo poi alcuni lavatori d’oro che volevano lavare gli ultimi frammenti facendo ricorso alla forza dell’acqua.
Più facevamo domande alla gente e più erano le informazioni che ci venivano date. Sì, si trattava proprio della “Provincia dell’oro delle Alpi“, così come veniva citato nelle fonti degli antichi Romani. Benché la febbre dell’oro circolasse solo nella clandestinità e non venisse reclamizzata, in questa zona trovammo una vivace schiera di persone che si occupavano della ricerca del metallo nobile. Ci recammo da Franco Chianale, il quale svolgeva una comune professione borghese ma che, nel tempo libero, si trasformava camaleonticamente. Non appena indossati adeguati indumenti da lavoro ancora imbrattati, ci mettemmo in cammino insieme a lui tuffandoci nella meraviglia dell’oro delle Alpi. Alcuni anni prima, insieme ad alcuni colleghi, era stato autore di un grandioso ritrovamento, senz’altro uno dei più importanti avvenuti nelle Alpi. Uno dei frammenti più significativi venne consegnato al Museo Naturale di Torino; alcuni invece ce li mostrò. Fummo sopraffatti dalla meraviglia per la loro grandezza e lucentezza.
La provincia dell’oro, per fortuna, era ancora viva. Benché le miniere e le gallerie non venissero più coltivate industrialmente, vi erano comunque ancora i loro proprietari, titolari dei relativi diritti di sfruttamento.
E così,dunque, anche noi ci incamminammo. Chissà, magari poteva capitare anche a noi di trovare qualche traccia di oro. Il nostro era proprio un bel gruppo, composto da Kandutsch, il mineralogista, dai gemelli e da Federico in veste di lavoratori esperti. La nostra ricerca iniziò in una zona desolata. Sembrava tutto estremamente strano. Alcuni secoli fa, dei minatori dovevano aver fatto saltare la gran parte di una galleria senza peraltro rimuovere il materiale accumulatosi. Il motivo di ciò oggi non si sa più. Poi il grande momento: all’improvviso tenevamo tra le mani un inaspettato pezzo di oro, grande e pesante... Restò per noi un mistero la ragione per cui i vecchi minatori l’abbiano ignorato. Colpo dopo colpo, vennero alla luce, l’uno dopo l’altro, vari esemplari d’oro, d’oro puro. In un’occasione persino come matrice di alcuni cristalli di quarzo. Nell’arco di due ore si formò dinanzi ai nostri occhi un ammasso di oro del peso, a nostro avviso, di circa due chili. Come era possibile un ritrovamento così fortunato? Avevamo intrapreso questa avventura senza alcuna aspettativa ed ora ogni frammento d’oro si mostrava ammiccante ai nostri occhi, spuntando dal quarzo in grossi cristalli. Per la prima volta appresi i messaggi celati nel più nobile di tutti i metalli preziosi: la forza e la potenza intrinseca.
Soltanto se si impara a trattare i minerali e i cristalli come fossero degli amici, degli esseri viventi, essi mostreranno la loro vera interiorità. Condiamo le nostre pietanze con il sale, un minerale, utilizziamo un gran numero di metalli per rendere la nostra vita più agevole, ci “rifocilliamo” con i colori delle pietre preziose, le utilizziamo come gioielli, per non parlare delle loro virtù terapeutiche, spesso nascoste. Perché queste possano essere espresse, non basta offrire alla gente migliaia di pietre lavorate e sostenere quanto queste facciano bene alla salute. La potenza della natura chiude gli occhi davanti all’affarismo. Quanto asserito dai più diversi esoterici circa la potenza dei cristalli sono per lo più sciocchezze, null’altro. Solo nutrendo un rispetto profondo si può entrare in sintonia con i minerali. Solo allora ci si potrà accorgere che l’ametista reagisce diversamente dal quarzo rosa, che il cristallo di rocca possiede un’interiorità diversa da quella dell’agata e che l’oro emana forze che ci consentono di riconoscerne l’essenza di raro metallo prezioso con proprie caratteristiche autenticamente affascinanti.
Non potevamo fare altro che ridere. Qui generazioni su generazioni hanno cercato l’oro e noi l’abbiamo trovato in gran quantità. Avevamo davvero imparato a meglio comprendere la natura, a leggerla con occhi diversi? L’“oro delle Alpi“brillava all’improvviso dinanzi a noi e nessuno litigò per spartirselo. Nessuna bramosia si nascondeva dentro di noi; ce ne stavamo piuttosto seduti lì, cercando di assaporare intimamente quell’istante. Fluttuavamo in un altro mondo, completamente estraneo al nostro. „Gold is where you find it.“ (L’oro è là, dove lo sai trovare.)



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Michael Wachtler
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